Cambia la modalità di fruizione di un servizio fondamentale offerto da Poste Italiane. Gli utenti dovranno fare i conti con una nuova spesa.
Un servizio chiave di Poste è dunque destinato a trasformarsi. Da servizio gratuito potrebbe infatti presto diventare uno strumento a pagamento, con canone, in linea con quanto proposto da altri provider. Milioni di cittadini si fidano di Poste Italiane e dei suoi servizi. L’azienda, da semplice gestore di corrispondenza, è diventata negli anni un potente ecosistema di servizi integrati. Un referente per cittadini, imprese e pubblica amministrazione.
In tanti sfruttano Poste per avere un conto corrente o gestire delle carte di pagamento. C’è chi si rivolge all’azienda anche per ottenere prestiti o mutui. O per investire, acquistando fondi, buoni fruttiferi e polizze vita. Sempre più diffusi poi è il servizio di pagamento digitale offerto da Poste Italiane tramite le sue app. Si va poi negli uffici postali per il pagamento dei bollettini, per le tasse e le multe. E ancora, per la riscossione di stipendi e pensioni e di contributi statali.
E tutte queste attività non impediscono all’azienda di continuare a essere il referente principale per milioni di persone nel settore del delivery. Poste gestisce ancora la circolazione delle lettere, offrendo soluzioni per le spedizioni online e presso ufficio, il ritiro a domicilio e il tracking avanzato.
Inoltre, da qualche anno, Poste Italiane offre ai cittadini anche importanti servizi digitali e legati all’identità. Come lo SPID, per il rilascio dell’identità digitale, la firma digitale, la PEC e l’archiviazione documentale. Il problema riguarda proprio lo SPID di Poste Italiane: questo servizio potrebbe infatti diventare a pagamento nei prossimi mesi… Si è parlato dell’introduzione di un canone annuo di circa 5 euro.
In realtà, Poste Italiane non ha ancora comunicato ufficialmente come intende gestire il servizio nei prossimi mesi. Per ora lo SPID resta gratuito. Ma nel 2026 potrebbe anche scattare il canone. La decisione dell’azienda è ovviamente legata alla sostenibilità economica del servizio, in relazione alla riduzione dei fondi pubblici. Le convenzioni tra lo Stato e i gestori privati dello SPID, come appunto Poste, ma anche altri provider come Aruba e InfoCert, sono scadute nel 2022 e poi sono state prorogate fino al 2023.
I fondi promessi dal Governo sono stati sbloccati solo nel marzo 2025. Si tratta di circa 40 milioni. Non abbastanza per ripagare i costi sostenuti dalle aziende. Ecco perché Aruba ha già introdotto un canone annuale. Lo stesso hanno fatto altri provider come InfoCert e Register. Tutto ciò, nell’incertezza rispetto al futuro stesso del sistema SPID. L’UE spinge infatti per far adottare il Digital Identity Wallet…
Ciò che sappiamo è che lo SPID sarà attivo per altri cinque anni grazie al rinnovo della convenzione tra AgID, il Dipartimento per la Trasformazione Digitale e gestori. Ma resta aperta l’ipotesi di un servizio a pagamento, con Poste che per ora mantiene la gratuità. Poste gestisce circa il 70% degli utenti SPID, con oltre 20 milioni di identità digitali. E non è escluso che prossimamente possa introdurre un canone. E anche un costo minimo potrebbe scoraggiare l’uso dello SPID tra le fasce più vulnerabili della popolazione, soprattutto anziani e contribuenti a basso reddito.
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