La prescrizione è uno degli strumenti a disposizione dei cittadini per cui una cartella esattoriale non va più pagata. Ci sono limiti e tipologie particolari di imposte, tra cui l’Imu, che vanno ricordati con attenzione.
Sin da quando è stata introdotta, l’Imu rappresenta una delle principali fonti di entrate per gli Enti comunali in Italia. Com’è noto, l’Imposta municipale unica si paga annualmente ed in genere attraverso due rate. Parliamo dell’acconto a giugno e del saldo a dicembre.

Negli ultimi anni i Comuni si sono avvalsi sempre più spesso di cartelle esattoriali per esigere il pagamento dell’Imposta. La comunicazione ufficiale è quindi giunta a chi non ha pagato l’Imu, a chi ha pagato meno del dovuto ma anche nel caso in cui l’Ente ha accertato un errore nei calcoli. Non è mai un bel momento quello dell’arrivo della cartella esattoriale, specie perché essa contiene non solo l’importo da pagare, ma anche gli interessi, le sanzioni, ed il termine entro cui saldare che in genere non supera i 60 giorni.
Qualora non si dovesse riuscire a pagare, il rischio è che scattino pignoramenti e fermi amministrativi. In aiuto del cittadino, però, ci sono due concetti: quello di decadenza e quello di prescrizione. Nel primo caso il Comune è tenuto a fare un accertamento, il secondo rappresenta il tempo massimo entro cui lo stesso Ente deve recapitare la cartella esattoriale dopo la verifica. Se passa troppo tempo, ci si può opporre al pagamento.
Imu, cosa dice la legge sulla prescrizione e la decadenza
Nel caso dell’Imu, la prescrizione per legge è pari a 5 anni. Dunque se l’Ente a cui è dovuta l’Imposta non notifica nulla entro questo lasso di tempo, ci si può rifiutare di pagare. Allo stesso modo, se trascorrono 5 anni dopo l’invio della cartella e ciò non è seguito da ulteriori atti o solleciti, si prescrive anch’essa. Ad esempio se l’Imu dovuta è quella del 2020, se entro il 2025 non viene ufficialmente notificata alcuna cartella, non si deve pagare. Stesso discorso qualora la cartella sia stata recapitata nel 2020 e non c’è stato più alcun sollecito.
Attenzione però. Ogni nuovo atto pervenuto su una stessa cartella fanno ripartire il conteggio da capo. Se il sollecito è stato inviato nel 2022, la prescrizione è spostata in avanti al 2027. E per quanto riguarda la decadenza? La legge 296 del 2006 ha stabilito che l’Ente può emettere un avviso di accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello riguardante il pagamento. In altre parole, la verifica dell’Imu del 2019 era possibile metterla in pratica fino al 31 dicembre 2024. Il 1 gennaio, tutto è decaduto.

Quest’anno, insomma, 2025, il Comune a cui è dovuta l’Imposta sul ancora accertare l’Imu dell’anno 2020 entro il 31 dicembre, mentre già per il 2019 la decadenza è già maturata. E dunque i debiti Imu precedenti al 2020 sono già prescritti se dopo la prima cartella non sono arrivati altri solleciti. Il 1 gennaio 2026, di conseguenza, si potrà chiedere solo l’Imu dal 2021 e così via.
È fondamentale sapere come comportarsi in presenza di una cartella esattoriale nei fatti scaduta per prescrizione o decadenza. Bisogna verificare subito l’anno di riferimento e la data ufficiale di notifica e, sulla base della regola dei 5 anni, è necessario impugnare l’atto entro 60 giorni con raccomandata o pec da inviare al Comune o all’Agenzia delle Entrate essendo quanto più chiari e specifici possibile, scrivendo i motivi per cui quella somma dovuta è prescritta o decaduta.





