Un paese sfrattato dalla terra nel dopo guerra: questo borgo fantasma è visitabile tutto l’anno, ma è l’autunno la stagione in cui sembra che gli abitanti siano ancora lì.
C’è un punto del Centro Italia in cui tutto sembra essersi fermato. Non per abbandono, ma per necessità. Ed è proprio l’autunno – quello del silenzio e dell’aria fresca che sembra evocare malinconia – che i ricordi si animano. Anche se sono quelli di qualcun’altro.
A Celleno, in provincia di Viterbo, le case sono rimaste in piedi più a lungo degli abitanti. Negli anni ’50, le continue frane e un vecchio terremoto convinsero il Comune a spostare la popolazione altrove, lasciando il borgo antico al suo destino, e gli abitanti alla ricerca di una nuova vita. E così Celleno Vecchio è diventato un borgo fantasma, non per leggenda, ma per una decisione vera: quella di salvare la vita, sacrificando il passato.
Le sue origini affondano nei secoli, tra Etruschi, Orsini, Guelfi e Ghibellini. Poi epidemie, cedimenti strutturali, e infine lo spostamento della comunità nel 1951, nel borgo nuovo costruito poco più in basso. Le case sono rimaste lì, vuote. Ma mai del tutto mute. Ed è per questo che ogni anno riceve centinaia (se non migliaia) di visite proprio in questa stagione.
Ci siamo andati in una mattina di inizio settembre, quando ancora faceva caldo, senza sapere bene cosa aspettarci. La salita che porta al borgo è breve, ma sembra già staccarti dal mondo reale. Si passa un piccolo ponte, poi un arco in pietra e – come promesso – un cartello ti accoglie: ‘Benvenuti nel borgo fantasma’. E sì, merita tutta la sua celebrazione.
Da lì in poi, è tutto silenzio, vento e stupore. Le viuzze sono strette, piene di curve cieche, ed è come camminare dentro un set cinematografico fermo da anni. Alcuni dettagli sono ancora vividi: bici vecchie, una piantina che ogni anno produce erbacce, e tanti oggetti esposti per ricordare quanta vita c’era. Da una finestra si legge ancora il cartello ‘Poste telegrafi’, rigorosamente originale. E poi: utensili, un vecchio forno, botti di vino, tutto ciò che è stato lasciato qui dopo lo sfratto collettivo.
E non si tratta di un luogo scarno fatto di macerie. Ogni angolo ha qualcosa: un forno con la bocca annerita, una bottega con l’insegna scolorita, una stalla con la mangiatoia spaccata. Niente è ricostruito per finta. Tutto è rimasto com’era.
La sensazione è davvero quella che vogliamo esprimere: sembra di camminare in una vecchia foto che qualcuno ha dimenticato di togliere dal cassetto. E chi c’è stato in autunno inoltrato dice che la luce fa il resto.
Anche se a volte le organizzano, non serve una guida né una mappa. Si gira a istinto. Il tempo qui è lento e non chiede niente. Al massimo, ti suggerisce di restare ancora un po’.
Un tempo chiamato il parco dei pavoni, oggi ospita diversi animali, tra cui dolci conigli…
Gli appassionati di Endless Love non potranno perdersi questa nuova serie in arrivo su Mediaset:…
L'Abruzzo è stato protagonista in una delle ultime puntate di 4 Hotel in cui Bruno…
Per quanto riguarda le cartelle esattoriali, ci sono delle novità non di poco conto. Tutte…
La notte nel cuore, dramma nelle prossime puntate della soap turca: ritrovata l'auto piena di…
Da parte di Lidl arriva una offerta che è una manna dal cielo. Posso acquistare…